Borghi della Storia - Spina (Adria) e la civiltà etrusca tra mare e terra, alleanze e contaminazioni
Tanti autori antichi avevano parlato della città etrusca di Spina, magnificandone l’immagine, ma purtroppo fin da Medioevo se ne cercarono invano le tracce: il Mare Adriatico e lo stesso Po, vicino al quale essa doveva trovarsi, sembravano averla inghiottita.
Fu solo nel 1922 che, durante le opere di bonifica delle valli di Comacchio, comparvero inaspettatamente terrecotte e bronzi di magnifica fattura greca, che diedero il via ad una ricerca fortunata: fu così che fu scoperta la necropoli etrusca di Spina con più di 1200 sepolture.
Le ricerche archeologiche, avviate subito in modo sistematico, portarono infatti alla scoperta di tombe dai ricchissimi corredi, grazie alle quali gli studiosi possono oggi ricostruire il passato della famosa città rimasta per secoli sepolta dal fango.
La difficoltà di ritrovare Spina era dovuta alle trasformazioni continue del paesaggio , dovute sia alle alluvioni del Po sia ai movimenti del Mare Adriatico con il conseguente avanzamento della linea di costa.
Alla scoperta casuale del 1922 seguirono le indagini archeologiche, grazie alle quali la città si rivelò una delle chiavi più interessanti per capire la civiltà etrusca e quel vivace intreccio di influenze italiche che fiorì tra VII e IV secolo a.C. nel Mediterraneo.
L’antica città (nota in età romana, come Adria) offrì un’immagine assai precisa dele reti commerciali, sociali e politiche che legavano le diverse comunità etrusche tra loro e con il mondo greco, greco-orientale e italico.
La posizione di Spina sulla via di scambio tra mare e fiume consentiva infatti un controllo privilegiato delle rotte commerciali tra l’Etruria interna, le colonie greche del sud e i rapporti con i popoli dell’Adriatico. I reperti archeologici mostrano diversi aspetti della vita della città: troviamo infatti ceramiche, gioielli, bronzi etruschi e oggetti di lusso, che testimoniano un articolato livello di scambi. A questi si uniscono ossa di animali derivate da banchetti e rituali pubblici: offrendo un’immagine dunque abbastanza precisa della vita di quella città: innanzi tutto l’arte: con incisioni, gioielli e reperti che mostrano una sintesi di influenze orientali e autoctone, dimostrando un’abilità artigianale avanzata e una trasmissione di tecniche tra botteghe etrusche.
Ma i reperti ci danno anche un’idea della cultura da cui derivano: i grandi complessi funerari e le sepolture raffigurano infatti una società organizzata per status e ruoli rituali, simili a quelli trovati in altre città etrusche.
Spina non era infatti un’isola culturale, ma faceva parte di una rete di città-stato che dialogava, competeva e si alleava con altre città etrusche come Veio, Tarquinia, Cerveteri, Perugia. Le ceramiche etrusche di Spina coesistono con merci provenienti dalle altre città etrusche e greche, in quanto dove Spina fungeva da hub portuale per l’entroterra etrusco e per l’area adriatica, avendo rapporti fittissimi (e a volte anche non molto amichevoli) con le altre città
Non solo vasi!
Spina aiuta a comprendere l’eterogeneità interna dell’Etruria: non esisteva un’unica “cultura etrusca” monolitica, ma poleis interconnesse che, pur mantenendo peculiarità locali, condividevano lingue, rituali, sistemi di élite e reti mercantili.
Oggi Spina resta una tappa fondamentale per chi studia l’Etruria. Le sue ricchezze, i suoi rapporti con altre città etrusche e la sua posizione di importante nodo commerciale descrivono una civiltà capace di dialogare su più livelli: economico, politico, culturale.
Spina dimostra inoltre come le reti mediterranee si costruissero non solo sulla forza militare, ma soprattutto su flussi di capitale, know-how artigianale e pratiche religiose condivise.
Gianluigi Pagano
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